Il rischio clinico esiste e viene regolarmente messo in prima pagina in occasione di denunce per errori nelle cure. I danni derivati da errori medici coinvolgono singoli individui, in tempi diversi, in ospedali diversi, e raramente vengono discussi in pubblico. Dalla metà degli anni ’80 si è cominciato a pensare che gli errori vengono sì commessi da una persona, ma che questa persona molto spesso non è la sola responsabile dell’errore (errore umano), bensì soltanto l’ultimo anello di una catena che inizia con le decisioni manageriali (difetto nel sistema).
L’errore umano viene grandemente favorito, se non addirittura direttamente determinato, da una serie di condizioni organizzative (generalmente poco o per nulla controllabili da chi materialmente commette l’errore) che nascono a due livelli: quello della “prima linea” e quello “dei piani alti” dell’organizzazione. A livello della “prima linea” (interfaccia uomo-sistema o paziente-medico) le condizioni di lavoro più a rischio sono:
- gli ambienti fortemente dinamici;
- le troppe e diverse fonti di informazioni;
- il cambiamento frequente di obiettivi;
- la scarsa chiarezza degli obiettivi;
- l’utilizzo di informazioni indirette o riferite;
- il passaggio rapido da situazioni di stress elevato a situazioni routinarie;
- l’uso di tecnologie avanzate e complesse;
- la coesistenza di priorità differenti;
- la presenza di più leader in competizione tra di loro.
A livello “dei piani alti” le condizioni che agiscono negativamente sulla “prima linea” sono:
- interazioni non ben regolate tra gruppi professionali diversi;
- scarsa chiarezza del sistema delle regole;
- compresenza di norme conflittuali;
- cattiva progettazione dell’organizzazione;
- scarsa o nulla attenzione alle politiche della sicurezza;
- disinteresse per la qualità.
Se, dunque, nelle organizzazioni complesse gli errori sono causati dall’interazione di un grande numero di elementi, la conoscenza della catena causale permette di identificare i punti di intervento e le opportunità di prevenzione degli errori stessi.
0 Risposte to “La conoscenza della catena causale”